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l’ironia comica nella poesia cavalleresca | 101 |
galia era stato gittato. Un tratto che a noi non suona comicamente, ma che forse poteva sonar comico a coloro che avevan dimestichezza col poema e i personaggi del Bojardo, è nei versi che dipingono l’orrore di Ferraù all’apparir dell’ombra d’Argalia:
Ogni pelo arricciosse
E scolorosse al Saracino il viso.
Ora Ferraguto era stato raffigurato dal Bojardo,
Tutto ricciuto e ner come carbone.
Gli si poteva arricciare il pelo e scolorir il viso?
Non giuoca forse anche qui, dunque, il poeta?
L’altro contendente, Rinaldo, spedito da Carlo in Bretagna per ajuti e distolto così d’andar cercando Angelica
Che gli avea il cor di mezzo il petto tolto,
arrivato a Calesse, lo stesso giorno,
Contro la volontà d’ogni nocchiero,
Pel gran desir che di tornare avea,
Entrò nel mar ch’era turbato e fiero;
ma, sissignori, spinto dal vento nella Scozia, si scorda di Angelica, si scorda di Carlo e della gran fretta che avea di ritornare, e s’affonda solo nella gran Selva Caledonia, facendo or una, ora un’altra via
Dove più aver strane avventure pensa.
E capitato a una badia, prima mangia, poi domanda all’abbate come si possano ritrovare queste avventure per dimostrarsi valente. E «i monachi e l’Abbate»:
Risposongli, ch’errando in quelli boschi,
Trovar potria strane avventure e molte:
Ma come i luoghi, i fati ancor son foschi;
Chè non se n’ha notizia le più volte.
Cerca, diceano, andar dove conoschi
Che l’opre tue non restino sepolte,
Acciò dietro al periglio e alla fatica
Segua la fama, e il debito ne dica.