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96 parte prima

diventa magia e la magia realtà: appena Angelica si scopre, la realtà d’un subito avventa e crolla l’incanto; sparisce mercè l’anello, ed ecco il castello d’Atlante assumer quasi consistenza reale innanzi a noi. Che stupenda finezza in questo giuoco! È giuoco di magia; ma la magia vera è quella de lo stile ariostesco.

Che ne volete più di quei poveri cavalieri?

Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta
Quelli scherniti la stupida faccia.

Chi li fa andare incontro a questi scherni e a guai anche peggiori? Ma l’amore, signori miei, che se non è proprio proprio una pazzia, tante pur ne fa fare, jeri come oggi, e tante ne farà far domani e sempre!

Chi mette il piè su l’amorosa pania,
Cerchi ritrarlo, e non v’inveschi l’ale;
Chè non è in somma Amor se non insania
A giudizio de’ savi universale:
E sebben come Orlando ognun non smania,
Suo furor mostra a qualch’altro segnale.
E quale è di pazzia segno più espresso,
Che, per altri voler, perder sè stesso?

Vari gli effetti son; ma la pazzia
È tutt’una però, che li fa uscire.
Gli è come una gran selva, ove la via
Conviene a forza, a chi vi va, fallire.

In questi due ultimi versi il poeta dà una perfetta immagine del suo poema, che poggia per tanta parte su quest’amore che dissenna. Fontane, giardini, castelli incantati? Ma sì! Se sono oggi per noi larve inconsistenti, furono come realtà per le pazzie che l’Amore fece far jeri, là, in quel mondo lontano; ridetene, se vi piace; ma pensate che altre fallaci immagini crea oggi e creerà domani con l’eterna magia delle sue illu-