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benedizione, e infine le canzonette sacre cantate al suono dell’organo: gli ultimi raggi aurei del sole entravano in chiesa pei larghi finestroni aperti in alto, e anche qualche rondine entrava e svolava di qua, di là, smarrita, mentre fuori garrivan le altre con ebbra possa, inseguendosi.
Marta ascoltava con l’anima quasi alienata dai sensi.
— Ti ci condurremo noi, andremo tutt’e quattro insieme, prima che finisca il mese, intendi? Oh starai bene, non dubitare.
Ma ella diceva di no, che non le sarebbe stato possibile.
— Sì, la chiesa, a due passi; ma se ancora non mi reggo.... non mi reggo....
La terza domenica di maggio, dopo la funzione sacra, Anna accorse, esultante, dalla chiesa.
— A te, a te, Marta! Uscita in sorte a te!
— Che cosa? — domandò Marta, guardando quasi sgomenta dal seggiolone.
— La Madonna! La Madonna: a te! Senti? Te la portano cantando le Figlie di Maria. Senti il tamburo? La Madonna ti viene in casa!
Nelle domeniche di maggio, in chiesa, dopo la predica e la benedizione, si faceva tra i di voti il sorteggio d’una Madonnina di cera custodita in una campana di cristallo.
— E come? come mai? — diceva Marta, tutta