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— Non gridino, per carità, non gridino! — scongiurò il medico. — O ne perderanno due!

— Dunque è perduto? — gridò la signora Ajala.

Il medico fece un gesto disperato, e prima di accorrere alla camera della partoriente ordinò alla serva di recarsi per un altro medico, subito, alla prossima farmacia.

Maria, piangendo, asciugava con un fazzoletto su la faccia congestionata del padre il sangue che gli usciva da una lieve ferita alla fronte. Ah se questo solo fosse stato il male! Pure ella metteva tutta l’attenzione, tutto il suo amore, nell’arrestare quelle poche stille di sangue, come se da questo soltanto dipendesse la salvezza del padre. La madre pareva impazzita: voleva a ogni costo che il marito parlasse, e l’abbracciava e gli stringeva le mani diacce, già morte. Francesco Ajala, terreo in volto, continuava a rantolar sordamente, con la bocca spalancata e gli occhi chiusi.

Accorse l’altro medico, ch’era un omacciotto calvo, bircio d’un occhio.

— Largo! che c’è? Mi lascino vedere.... Eh! — fece, con voce oppressa da intasamento nasale, percotendosi le anche. — Povero signor Francesco! Ghiaccio, ghiaccio.... Qui, alla farmacia dirimpetto, carte senapate, una vescica.... Chi va?