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politiche. Gregorio Alvignani aveva posato la candidatura. I Pentàgora spendevano un banco di denari per combatterlo. Manifesti, galoppini, comizii, giornaletti d’occasione.... Lui, Paolo, non sapeva da qual parte tenere, come regolarsi: per non essere coi Pentàgora, non voleva parteggiare per l’avversario dell’Alvignani; a questo intanto non avrebbe mai dato il suo voto; per l’autorità che gli veniva dalla direzione della concerìa, in cui lavoravano più di sessanta operai, non gli pareva ben fatto appartarsi dalla lotta.

La povera Maria fingeva di prestare ascolto, per non dargli dispiacere; e quel supplizio durava per lei una e due ore, spesso.

— Vuoi scommettere, — le disse Marta sorridendo, una sera, prima d’andare a letto, — che Paolo è innamorato di te?

— Marta! — esclamò Maria, arrossendo fin nel bianco degli occhi. — Come puoi pensare a codeste cose?

Marta scoppiò in una stridula risata:

— Che vuoi? Non lo sai? Sono una donna perduta, io!

— Marta! oh Marta mia! per carità! — gemette Maria, nascondendosi il volto con le mani.

Marta allora le afferrò le braccia e, scotendola con violenza, le gridò, accesa d’ira: