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— Oh, al bujo? — esclamò donna Maria Rosa, entrando. — Ho portato la candela.... Scusino.... oh, dov’è il signor Rocco?... Fifo, accendi!
Don Fifo accese la candela e apparve nella camera, tutto smarrito, col lungo involto di quattro torce mortuarie tra le braccia.
Marta s’era curvata sul letto a spiare il volto della morente.
— Come va? come va? — domandò forte la Juè. Marta, impaurita da un gorgoglio lungo, strano, raschioso nella gola della moribonda, levò la faccia sconvolta, guardò perplessa la Juè, poi risolutamente sì recò fino alla soglia dell’altra stanza, e chiamò nel bujo:
— Vieni.... vieni.... muore....
Rocco accorse e tutti e due si chinarono sul letto.
Don Fifo uscì dalla camera in punta di piedi, con l’involto delle torce, chiamandosi dietro con un cenno della mano il guattero.
Rocco levò gli occhi dal volto della madre a quello di Marta, vicino al suo, e stette un po’ a guatarla, prima con le ciglia aggrottate, poi attonito, quasi istupidito. Ella teneva tra le sue una mano della morente, su cui stava protesa, come se volesse infonderle l’alito suo.
A un tratto la Juè disse piano, impallidendo:
— Venga, signor Pentàgora....