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gate dal nodo d’un comune destino. Il sarcasmo straziante gli cadde dalle labbra; uscì dalla camera, premendosi le tempie con ambo le mani.

Era già quasi sera. Marta guardò macchinalmente nell’ombra sopravvenuta il lume vuoto sul tavolino: chi poteva pensare che l’agonia si sarebbe protratta fino a tanto? Sedette presso la sponda del letto con gli occhi intenti nell’ombra sul volto dell’agonizzante, quasi aspettando dal proposito a lungo meditato e maturatosi in lei sordamente la spinta per alzarsi e andarsene. Più del rantolo della moribonda sentiva il suono cadenzato dei passi del marito nell’altra stanza, e aspettava, come se il suono di quei passi le indicasse la traccia dei pensieri di lui. Intuiva, sentiva, che in quel momento egli risaliva angosciosamente col pensiero agli anni passati, assalito in quel bujo dalle memorie e dai rimorsi.... Ah, i rimorsi erano per tutti: per due soltanto, no: Maria e la madre. E Marta aspettava dal marito giustizia per esse: non aspettava altro, seguendo con gli orecchi i passi di lui.

A un tratto, silenzio, nell’altra stanza. Aveva egli deciso? Marta sorse in piedi e cercò tentoni lo scialle; trovatolo, stava per farsi su la soglia a chiamarlo, quando udì picchiare alla porta. Erano i due Juè di ritorno, seguiti da un guattero con una cesta di vivande.