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XV.


Man mano che le ore si trascinavano lentissime, cresceva l’ansia di Marta. L’aspettazione diveniva di punto in punto più angosciosa.

Finalmente, nelle prime ore del pomeriggio, arrivò Rocco Pentàgora. Si presentò ansante, quasi smarrito, su la soglia.

Parve a Marta più alto nella magrezza lasciatagli dalla malattia, durante la quale gli eran caduti i capelli, che già rispuntavano lievi, quasi aerei, finissimi e un po’ ricciuti; e la fronte gli si era allargata, e schiarita la pelle, sebbene fosse tuttavia pallidissimo. Negli occhi aveva un’espressione nuova, ridente, quasi infantile.

— Marta! — esclamò, scorgendola, accorrendo a lei.

Turbata dalla vista del marito così trasfigurato e ingentilito dalla convalescenza, turbata dallo slancio appassionato, Marta, senza volerlo, lo rattenne con un cenno confidenziale di tacere, e gli additò il letto e la madre in agonia.

Subito il figlio si rivolse al letto, si curvò su la madre, chiamando: