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Il silenzio diventò pauroso.

— Zitta, ora! — riprese Marta in tono d’amorevole ammonimento. — C’è la padrona di casa....

Un zolfanello acceso, riparato da una mano si moveva nel bujo, come un fuoco fatuo.

— Dov’è il lume? Eccolo!

Donna Maria Rosa, acceso il lume, rimase con le dieci dita delle mani aperte per aria.

— Dio, che schifezza! Mi sono tutta insozzata in cucina.... Guardate, guardate che babilonia qui!

I frantumi dei vetri della finestra erano schizzati fino in mezzo alla camera.

Intanto Marta osservava con raccapriccio la moribonda, che moveva lentamente la testa affondata nei guanciali, cercando con gli occhi smorti, attoniti, nella camera, come stupita dal lume e dal silenzio, dopo la tenebra e l’urlo del vento. Aveva una grossa maglia nella luce dell’occhio destro, e la pelle tutta della faccia e specialmente il naso punteggiato di nerellini, che spiccavano nell’estremo pallore, madido, opaco del volto. I capelli grigi, ruvidi, ricciuti, abbondantissimi erano arruffati sul guanciale ingiallito. Gli occhi di Marta si fermarono su le mani enormi, da maschio, che la moribonda teneva abbandonate sul lenzuolo, più sporco della ca-