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X.
— Oh, mia cara, quando io dico: “La coscienza non me lo permette„, io dico: “Gli altri non me lo permettono, il mondo non me lo permette„. La mia coscienza! Che cosa credi che sia questa coscienza? È la gente in me, mia cara! Essa mi ripete ciò che gli altri le dicono. Orbene, senti: onestissimamente la mia coscienza mi permette d’amarti. Tu interroga la tua, e vedrai che gli altri t’hanno ben permesso di amarmi, sì, come tu stessa hai detto, per tutto quello che t’hanno fatto soffrire ingiustamente.
Così sofisticava l’Alvignani per ammansar gli scrupoli, i rimorsi e la paura di Marta, e spesso ripeteva sott’altra forma il ragionamento, perchè apparisse più chiaro e più convincente anche a lui, e la crescente foga delle parole stordisse anche i suoi scrupoli, i suoi rimorsi e la paura non manifestati nè apertamente nè segretamente ancora a sè medesimo.
Marta ascoltava in silenzio, pendeva dalle labbra di lui, si lasciava avvolgere da quel linguaggio caldo e colorito, persuasa a credere,