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dei monti. Poi provò una strana impressione, suscitata dal ricordo d’aver cercato con gli occhi, dal terrazzo dell’Alvignani, il tetto della propria casa presso il Duomo: le parve di trovarsi ancora a guardare da quel terrazzo e di vedersi com’era adesso, lì, nella sua camera, con la fronte su i vetri del balcone.

— Tutti l’hanno voluto.... — mormorò fra sé, duramente, per ricacciar la commozione che già le stringeva la gola. — Gli scriverò, — aggiunse, aggrottando le ciglia; poi, con repentino mutamento d’animo, scrollando le spalle, terminò:

— Ormai! Così doveva finire....

E scrisse una lunga lettera che s’aggirava tutta, smaniosamente, su queste due frasi: ““Che ho fatto?„ e “Che farò?„. Il rimorso del subitaneo fallo vi si mostrava in uno slancio aggressivo di passione, nella frase appositamente ripetuta e sottolineata: — Ora son tua! — quasi per fargli paura.

“Andando in su, accanto a te, io non sospettavo.... Avresti dovuto dirmelo: non sarei venuta. Quanto, quanto sarebbe stato meglio per me e per te! Se tu sapessi quel che ho sofferto al ritorno, sola; come soffro adesso, qui, tra mia madre e mia sorella! E domani? Io mi trovo sbalzata fuori d’ogni traccia di vita, e non so come farò, quel che avverrà di me. Sono il so-