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forza; si stupì di saper fingere così bene; e lo stupore era quasi soddisfazione. Si mostrò allegra quel giorno, come la madre e la sorella non la vedevano più da molto tempo.

Venuta la sera però s’accorse che non tanto per gli altri aveva bisogno di fingere, quanto per sé. Subito, per non badare alla propria inquietudine, per non star sola seco, trasse dal cassetto i compiti scolastici da correggere, come soleva ogni sera, tolse in mano la matita per segnare gli errori, e si mise a leggere, concentrando sul primo scritto tutta l’attenzione. Lo sforzo fu vano: una gran confusione le si fece nel cervello. Non potè rimaner seduta, e andò ad appoggiare la fronte che le scottava su i vetri gelidi del balcone.

Lì, con gli occhi chiusi, volle rifarsi lucidamente i minimi particolari della giornata. Ma la lucidezza dello spirito le s’intorbidava anche adesso, ricordando la passeggiata con l’Alvignani fino alla casa di lui. Egli abitava lassù, e la aveva trascinata, ignara, fino a casa sua! Ella avrebbe dovuto sciogliersi da lui, pervenuta lassù all’angolo della via. Ma come? se non aveva saputo proferire neanche una parola? Rivide la corte piena di colombi; la scala scoperta. Ecco: se la scala non fosse stata così scoperta, forse ella non sarebbe salita.... Ah, sì: certo! Le si riaffacciò innanzi lo spettacolo dell’ampia chiostra