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— Mia.... mia.... mia.... — insisteva l’Alvignani, stringendola vie più forte.

Sì; sua! Cosa sua. Cosa data a lui.

Non intendendo quell’abbandono, o piuttosto, interpretandolo altrimenti, egli, com’ebbro, si chinò a susurrarle all’orecchio di trattenersi, di trattenersi ancora un poco....

— No, vado, — diss’ella, riscotendosi improvvisamente e quasi sguizzandogli dalle braccia.

Egli le prese una mano:

— Quando ritornerai?

— Ti scriverò....

E andò via. Appena sola per la strada, che circa un’ora avanti aveva percorso accanto a lui, si senti come riassalita dai proprii sentimenti, smarriti, perduti lungo l’andare, quasi che essi si fossero posti in agguato, aspettando il ritorno di lei su i proprii passi.

Si voltò a guardare, quasi sgomenta, la via da cui era uscita; poi prese ad andare in giù, frettolosa, con la mente scombuiata. E, andando, chiamava in soccorso, a raccolta, ragioni, scuse che sostenessero innanzi a lei medesima il concetto della propria onestà, quasi per farsene forte contro colui che così improvvisamente glie l’aveva tolta, e per sottrarsi nello stesso tempo all’idea che l’avviliva e la schiacciava, di essere stata tratta, cioè, quasi passivamente,