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lante a mezza costa; e, sotto, la campagna sparsa di bianche casette si stendeva oscurata dall’ombra dei monti.

— Ora di qua! — diss’egli.

Quanto imminente e fosco era dalla parte dei monti lo spettacolo, tanto vasto e lucente spalancavasi dalla parte opposta. Tutta la città, distesa immensa di tetti, di cupole, di campanili, tra cui, gigantesca, la mole del Teatro Massimo, si offerse a gli occhi di Marta, e il mare sterminato in fondo, riscintillante al sole, sotto i cui raggi Monte Pellegrino rossigno pareva sdrajato beatamente.

Marta per un momento si oblio nella contemplazione del vasto spettacolo. Poi cercò con gli occhi il campanile del Duomo, dietro a cui sorgeva la sua casa; e subito, al pensiero della madre e de la sorella che colà la aspettavano, sentì più vivo il turbamento, più acuto il rimorso, e una sfiducia profonda e disperata di sè. Trasse il fazzoletto e si nascose la faccia.

— Piangi? Perchè, Marta? Perchè? — le domandò egli con affettuosa premura, accostandosele. — Vieni, scendiamo.... Adesso te ne andrai....

— Sì, sì.... subito.... — fece ella, sforzandosi di dominarsi. — Non dovevo.... non dovevo venire....

— Ma perchè? — ripetè Gregorio, afflitto, come ferito dalle parole di lei, ajutandola a discen-