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In quegli anni di fervida preparazione e di lotta, una sola debolezza: la mezza avventura con Marta.
Ma s’era trovato allora nelle identiche condizioni d’adesso. Il cervello, esausto dall’eccessivo lavoro, aveva prepotentemente reclamato un riposo, una distrazione. E invano egli aveva lottato contro sè stesso. Pensando, dopo lo scandalo, al danno cagionato, aveva attenuato subito il rimorso col falsare innanzi a gli occhi suoi stessi la ragione di quella sua prima resistenza. Ma, per altro, quanti fastidii, quante controversie non gli eran venuti da questa avventura.
Sinceramente egli credeva così; credeva che gli fosse costata troppo. Ma, infine, non aveva rimediato del suo meglio alla sciagura di Marta? Sì: ma perchè poi, nell’annunziarle il trasferimento a Palermo, aveva lasciato trasparire sotto le linee un segreto intendimento d’amore? Nè amore nè intenzione in lui di rannodare una relazione che certamente gli avrebbe procurato nuovi ostacoli e più gravi fastidii. Tuttavia, gli avrebbe senza dubbio arrecato piacere di tanto in tanto, così da lontano, qualche lettera di Marta: un’eco amorosa e disinteressata ai clamori delle sue vittorie, al lamento dei suoi sconforti.