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tutt’ingombra di pesanti incartamenti disposti con ordine, non aveva saputo metter mano al proseguimento d’alcun lavoro iniziato. Gli s’era imposta così, d’un tratto, la coscienza della propria incapacità d’agire, e aveva pensato che un lungo riposo gli era addirittura indispensabile.

In quei giorni, per giunta, era disgustato della guerra bassa e sleale che alcuni suoi colleghi movevano trivialmente, sia nell’aula del Parlamento, sia nei giornali, al Ministero, di cui anch’egli era oppositore. L’aggressione di quei pochi in mala fede minacciava di coinvolgere tutta l’opposizione nel disgusto, nella nausea della pubblica opinione. Aveva preveduto che la Camera si sarebbe chiusa tra breve con la proroga della sessione parlamentare. E difatti la chiusura era avvenuta pochi giorni dopo.

Divisò egli allora d’allontanarsi da Roma per ricostituire col riposo le forze e prepararsi così alla prossima lotta inevitabile. Parlò anche lo specchio ai penosi sentimenti che lo agitavano. Egli era già su l’altro declivio della vita: s’era messo a discendere: temeva di precipitare; sentiva il bisogno d’aggrapparsi a qualche cosa.

Nella breve carriera parlamentare era stato molto fortunato. S’era messo in vista fin quasi dal suo primo apparire, suscitando invidie e simpatie, destando serie speranze e guadagnan-