Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 203 — |
— Che ora è?
E l’altra invariabilmente rispondeva con voce lunga e cupa:
— Sett’ooòre!
Sempre sett’ore! A qualche vicina che saliva in casa per ridere alle loro spalle, le due vecchie consigliavano, levando le braccia e scotendo in aria le mani ceree, aggrinzite:
— Maritatevi! Maritatevi!
Pareva che non ci fosse per loro altro scampo, altra salvezza nella vita. E sapeva loro mill’anni che il giorno sospirato delle nozze giungesse alla fine. Ma l’altra, ahimè, l’altra non voleva mai morire! E frattanto si facevano abbigliare, acconciare, parare dalle vicine con gli abiti del loro bel tempo, d’antica foggia; e le vicine sceglievano apposta quelli di stoffa più chiara, i più goffi, i più antichi e stridenti con la vecchiezza delle due povere dissennate; e siccome i corpetti andavan loro adesso troppo larghi, legavano alla vita a questa un boa spelato, a quella un gran nastro; e fiori di carta mettevano loro in capo e foglie di cavolo o di lattuga e capelli finti, e poi cipria in faccia, o imporporavan loro le gote squallide, cascanti, con uva turca:
— Così! così sembra proprio una ragazzetta di quattordici anni!
— Sì, sì.... — rispondeva la vecchia, sorridendo