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po’ più giù. — E aggiunse, col capo chino e guardandosi i piedi: — Se non si vergogna....

Marta si sentì salire le fiamme al volto; finse di non intendere l’allusione, e rispose:

— Non mi son mai curata della gente. Venga, andiamo.

— Dimentica sul tavolino un giornale, — le disse il Falcone, raccogliendolo e porgendolo.

— Oh grazie; ma, tanto.... C’è una poesia del Nusco.

— Imbecillotto! — fischiò tra i denti Matteo Falcone.

“Come farò — pensava Marta, smarrita — a camminargli accanto?„

Sentiva la gioja e l'impaccio ch’egli doveva provare in quel momento; e questo la turbava e la faceva soffrire così violentemente che, se egli la avesse toccata appena appena anche senza volerlo, certo da tutto il corpo fremente le sarebbe scattato un grido acutissimo di ribrezzo.

Prima d’uscir su la via, la portinaja le porse una lettera.

— Per me? — fece Marta, contenta che le si offrisse quel mezzo per nascondere lì per lì il proprio turbamento. — Permette? — aggiunse, rivolta al Falcone; e lacerò la busta.

La lettera era d’Anna Veronica. Marta si mise a leggere, avviandosi piano verso l’uscita. Il