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lasciò più scorgere dietro la vetrata; ma di nascosto vedeva il Falcone ripassare ogni giorno e guardare in alto, due, tre volte.
Adesso, dopo i sogni della notte gravi d’incubi e di visioni strane, agitati da continue smanie; dopo il duro urto nel riaprir gli occhi stanchi alla realtà nuda e monotona della sua esistenza, in mezzo a quel rifiorir fascinoso della stagione; ogni mattina l’apprensione di sentirsi sola le cresceva; i nervi le vibravano, andando, quasi ella fosse sotto l’imminenza d’ignoti pericoli; nè sapeva più rinfrancarsi appena entrata nel collegio.
Come contenersi di fronte al Falcone? Mostrargli che si fosse accorta, non voleva; ma come dissimulare, se ogni mattina era ancora invasa dall’orrore dei sogni, nei quali la figura del Falcone le appariva quasi sempre e talvolta meno mostruosa della realtà? A trattarlo come prima, temeva quella passione non si nutrisse di qualche lusinga, di qualche inganno pietoso.
Nè il Mormoni la divertiva più come nei primi giorni. La sola vista di lui ora le produceva anzi tal rabbia, che lo avrebbe schiaffeggiato. E stizza e fastidio le cagionava la timidezza angosciosa del Nusco.
— Lei non mi secchi! — avrebbe voluto dirgli, sicura di sprofondarlo con quelle quattro parole un palmo sotterra, dalla vergogna.