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certa ironia, mentre poi in fondo rimanevano ossequientissimi alle opinioni imperanti nella società.

— Le opinioni sono false? Le credete ingiuste e dannose? Ribellatevi, perdio, invece di scherzarci su, di farvi su sgambetti e smorfie, camuffando l’anima da pagliaccio! No: voi da un canto piegate il collo al giogo, e deridete dall’altro la vostra supinità. È arte da tristi buffoni!

— Sarà, ma.... — ripeteva il Nusco. E avrebbe voluto osservare come il ridicolo fosse l’arma più possente, e che il Dickens, Heine.... Ma il Falcone non lo lasciava dire:

— Tristi buffoni! Tristi buffoni!

— Sentiamo la signora Ajala, — propose il Mormoni con un gesto consentaneo alla magnificenza dell’atteggiamento.

— La donna per sua natura è conservatrice, — sentenziò bruscamente il Falcone.

— Conservatrice? Per me, ferro e fuoco! — esclamò Marta con tale espressione, che il Falcone alzò gli occhi a guardarla per la prima volta in faccia.

Marta rimase profondamente turbata da quegli occhi che illuminarono un volto affatto nuovo, occhi d’una belva sconosciuta, intelligentissimi.

Un’altra mattina, poco tempo dopo, il Falcone entrò in sala d’aspetto col cappello ammaccato e impolverato, la falda rotta sul davanti, il naso