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durla a Palermo tanti anni addietro, aveva voluto mostrarle il luogo ove da giovane aveva combattuto, il giorno stesso dell’entrata di Garibaldi.

Lì, all’imboccatura di quella via, egli, in compagnia d’altri due volontarii, sparava contro una nuvola di fumo che partiva da lontane case di fronte, ove s’erano appiattate le soldatesche borboniche. Uno dopo l’altro, i due compagni eran caduti: egli seguitava a tirar fucilate, quasi aspettando che un’altra palla venisse per lui. A un: tratto, s’era sentito battere leggermente a una spalla, e dir così:

— Giovanotto, levatevi di qua: siete troppo esposto.

Si era voltato, e aveva veduto Lui, Garibaldi, tutto impolverato, calmo, con le ciglia aggrottate, il quale, scostandolo, si era esposto, senza nemmeno pensarci, al posto che aveva stimato pericoloso per un semplice volontario.

Marta aveva voluto, a sua volta, condurre la madre e la sorella a quella via, per indicar loro il posto. Per caso, alzando gli occhi, aveva scorto un cartello con l’appigionasi giusto lì, al portoncino su l’imboccatura del vicolo. E avevano preso a pigione quella casa per memoria del padre, quasi perchè il padre stesso ve le aveva condotte.