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Da due mesi il Torchiara notava, costernato, il grave danno che quella nomina della maestra Ajala produceva in paese alla posizione politica non ancora assodata dell’Alvignani. — “Signor mio, il cuore è stato sempre il gran nemico della testa!„ — aveva ripetuto più volte a sè stesso. Perchè si dilettava, il cavalier Claudio Torchiara, di formulare aforismi, intercalandovi di solito quel Signor mio anche quando gli enunziava a una donna o, per solitario spasso, a sè medesimo.

La visita furibonda del consiglier Breganze lo aveva lanciato addirittura in un mare di confusione. Adesso, dunque, pure il Municipio si sarebbe voltato contro l’Alvignani? Aveva promesso al Breganze riparo e soddisfazione, ora invitava il Direttore del Collegio: vagliando e traendo giudizio dalle opposte versioni del fatto, avrebbe scritto all’Alvignani per provvedere alla meglio e salvare all’uopo, come suol dirsi, capra e cavoli. In ultima analisi, pazienza per la capra. I cavoli, in questo caso, erano i voti con cui Gregorio Alvignani era stato eletto deputato.

Il Direttore del Collegio, sebbene stanco ormai delle noje che gli aveva cagionate involontariamente quella maestra, difese pure innanzi all’Ispettore, per debito di coscienza, Marta.

— Capisco, capisco, — gli rispose il cavalier