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scioso smarrimento, di profonda disperazione sul volto della signora Ajala, quando ella si alzò e chinò il capo in segno di saluto.
— Auff! — sbuffò il Torchiara, dopo avere accompagnato la signora fino alla porta, rientrando in salotto. — Non ne posso più di questa maledetta faccenda! La compatisco, povera signora. Ma che posso farci io, se la figliuola.... Tu m’intendi! Abbiamo la disgrazia di vivere in una piccola città, dove certe cose non si sanno perdonare, nè dimenticare.... Non posso mica mettermi, signor mio, contro tutto il paese, Orazio sol contro Beozia tutta!
— Di che si tratta? — domandò il Blandino.
— Miserie, caro, miserie! Della più tremenda: quella in abito nero! Di pane si tratta.... Ma che posso farci io, signore Iddio benedetto? Me n’affliggo, e basta.
E spiegò al Blandino le ragioni della visita della signora Ajala.
— Come? E tu l’hai mandata via così? — esclamò il Blandino, in risposta. — Ohi ohi ohi.... m’hai tutto scombussolato.... Come? Perdio! Ma qui bisogna agire, riparare.... e subito!
Il Torchiara scoppiò a ridere.
— Dove vuoi andare adesso?
Il Blandino, tutto agitato, s’era messo a correre per la stanza.