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— Poveretta, non dorme più da tante notti.... Ah, per questo, buona volontà non gliene manca.... Lei che ha tanto talento, signorina, oggi, se mai, me l’ajuti un po’! Dicono ch’è la prova più difficile! Or ora la faccio venir giù: così le terrà compagnia.... Ecco, loro intanto s’accomodino qua.
E pulì con un lembo del grembiule il divano di cuojo.
— Se Eufemia studia, non la chiamate, — disse Marta alla vecchia che già usciva.
— Ma che! ma che! — rispose la vecchia senza voltarsi.
Eufemia Sabetti era stata, fin dalle prime classi, compagna di scuola di Marta, quantunque maggiore almeno di sei anni. Cresciuta nella scuola, in mezzo a compagne molto superiori a lei di condizione, ella aveva assunto una cert’aria signorile che formava l’orgoglio della madre, la quale poi lo scontava a costo d’innumerevoli sacrificii. Eufemia, è vero, dava del tu a tutte le compagne, portava il cappellino, aveva tratti e lezii da vera “signorina„; ma era pur rimasta nella considerazione delle compagne la figlia della portinaia. Le compagne veramente non glielo spiattellavano in faccia: no, poverina! ma glielo lasciavano intendere o dal modo con cui le guardavano la veste e il cappellino, o col piantarla lì qualche volta per prestare ascolto