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rinculare, ma non credettero che quella manovra si facesse per loro. Quando il fèrcolo pervenne di nuovo sotto il balcone e s’arrestò, tutta la folla levò gli occhi e le braccia contro di loro gridando, imprecando, esasperata per la sciagura d’un povero ragazzo tratto allora da terra, fracassato e sanguinante. Subito Marta e Anna Veronica si ritrassero dal balcone, seguite da Maria che piangeva; la signora Agata, pallidissima, tutta vibrante di sdegno, chiuse così di furia le imposte, che un vetro andò in frantumi. Parve quest’atto un insulto a la folla fanatica: gli urli, gl’improperii salirono al cielo. E a quella tempesta imperversante sotto la loro casa tremavano le quattro povere donne a verga a verga, tenendosi strette l’una all’altra, rincantucciate; e nell’attesa angosciosa udirono contro la ringhiera di ferro del balcone battere una, due, tre volte, poderosamente, la testa d’uno dei santi.
A ogni testata tremava la casa.
Poi la furia a poco a poco si quietò; successe nella strada un gran silenzio.
— Vili! vili! — diceva Marta a denti stretti, pallida, fremente.
Anna Veronica piangeva con la faccia nascosta tra le mani. Maria s’appressò paurosamente al balcone e, attraverso il vetro, vide una bacchetta della ringhiera torta dalle ferree testate.