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frattempo, i portatori imbottavano fiaschi di vino e s’ubbriacavano, sebbene quasi tutto il vino tracannato, di lì a poco, se n’andasse in sudore.
A quando a quando il fèrcolo diventava d’una leggerezza portentosa: procedeva allora con slancio irresistibile, salterellando tra l’allegro schiamazzo de la folla. Tal'altra, al contrario, diventava d’una pesantezza insopportabile: i Santi non volevano andare innanzi, rinculavano improvvisamente: accadevano allora disgrazie; qualcuno tra la folla rimaneva pesto. Un momento di pànico; poi tutti, per rifarsi animo, gridavano:
— Viva San Cosimo e Damiano! — dimenticavano e procedevano oltre. Ma più volte, giunti allo stesso punto di prima, ecco di nuovo il fèrcolo arrestarsi improvvisamente; tutti gli occhi allora si volgevano alle finestre, e la folla, minacciando, imprecando, costringeva coloro che vi erano affacciati a ritirarsi, poiché era segno che fra essi doveva esservi qualcuno che o non aveva adempiuto alla promessa o aveva fatto parlar male di sè e non era degno perciò di guardare i Santi.
Così il popolo in quel giorno si rendeva censore.
Stavano a un balcone, affacciate, Marta e Anna Veronica, tra la signora Agata e Maria. Antonio Pentàgora già da un pezzo aveva dato il segno ai portatori. Dapprima, le quattro povere donne non compresero la mossa dei Santi: li videro