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suo molto dov’io il mio poco, come ha fatto oggi; e, se andrà bene...
Non mi lasciò finire: scoppiò in una risata strana, che voleva parer maliziosa, e disse:
— Eh no, segnore mio! no! Occi, sì, l’ho fatto: no lo fado domani seguramente! Si lei punta forte con migo, bien! si no, no lo fado seguramente! Gracie tante!
Lo guardai, sforzandomi di comprendere che cosa volesse dire: c’era senza dubbio in quel suo riso e in quelle sue parole un sospetto ingiurioso per me. Mi turbai, e gli domandai una spiegazione.
Smise di ridere; ma gli rimase sul volto come l’impronta svanente di quel riso.
— Digo che no, che non lo fado, — ripetè. — No digo altro!
Battei forte una mano su la tavola e, con voce alterata, incalzai:
— Nient’affatto! Bisogna invece che dica, spieghi che cosa ha inteso di significare con le sue parole e col suo riso imbecille! Io non comprendo!
Lo vidi, man mano che parlavo, impallidire e quasi rimpiccolirsi; evidentemente stava per chiedermi scusa. Mi alzai, sdegnato, dando una spallata.
— Bah! Io disprezzo lei e il suo sospetto, che non arrivo neanche a immaginare!
Pagai il mio conto e uscii.
*
Ho conosciuto un uomo venerando e degno anche, per le singolarissime doti dell’intelligenza, d’essere grandemente ammirato: non lo