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E seguitava così, ripetendo due o tre volte nomi e date, come per cacciarsele a memoria. Perchè leggesse così forte, non saprei. Ripeto, non sentiva neanche le cannonate.
Io stavo a guardarlo, stupito. O che poteva importare a quell’uomo, ridotto in quello stato, a due passi ormai dalla tomba (morì difatti quattro mesi dopo la mia nomina a bibliotecario), che poteva importargli che Birnbaum Giovanni Abramo avesse fatto stampare a Lipsia nel 1738 un opuscolo in-8? E non gli fosse almeno costata tutto quello stento la lettura! Bisognava proprio convenire che non potesse farne a meno di quelle date lì e di quelle notizie di musicisti (lui, così sordo!) e artisti e amatori, morti e viventi fino al 1758. O credeva forse che un bibliotecario, essendo la biblioteca fatta per leggervi, fosse obbligato a legger lui, posto che non aveva veduto mai apparirvi anima viva, e aveva preso quel libro, come avrebbe potuto prenderne un altro? Era tanto imbecillito, che anche questa supposizione è possibile, e anzi molto più probabile della prima.
Intanto, sul tavolone lì in mezzo, c’era uno strato di polvere alto per lo meno un dito; tanto che io — per riparare in certo qual modo alla nera ingratitudine de’ miei concittadini — potei tracciarvi a grosse lettere questa iscrizione:
A
MONSIGNOR BOCCAMAZZA
MUNIFICENTISSIMO DONATORE
IN PERENNE ATTESTATO DI GRATITUDINE
I CONCITTADINI
QUESTA LAPIDE POSERO