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non so. Anche i ladri, m’immagino, debbono avere una certa impostatura, ch’egli mi pareva non avesse. Andava piano, con quella sua pancia pendente, sempre con le mani dietro la schiena, e tirava fuori con tanta fatica quella sua voce molle, miagolante! Mi piacerebbe sapere com’egli li ragionasse con la sua propria coscienza i furti che di continuo perpetrava a nostro danno. Non avendone, come ho detto, alcun bisogno, una ragione a sè stesso, una scusa, doveva pur darla. Forse, io dico, rubava per distrarsi in qualche modo, pover’uomo.
Doveva essere infatti, entro di sè, tremendamente afflitto da una di quelle mogli che si fanno rispettare.
Aveva commesso l’errore di scegliersi la moglie d’un paraggio superiore al suo, ch’era molto basso. Or questa donna, sposata a un uomo di condizione pari alla sua, non sarebbe stata forse così fastidiosa com’era con lui, a cui naturalmente doveva dimostrare, a ogni minima occasione, ch’ella nasceva bene e che a casa sua si faceva così e così. Ed ecco il Malagna, obbediente, far così e così, come diceva lei — per parere un signore anche lui. — Ma gli costava tanto! Sudava sempre, sudava.
Per giunta, la signora Guendalina, poco dopo il matrimonio, si ammalò d’un male di cui non potè più guarire, giacchè, per guarirne, avrebbe dovuto fare un sacrifizio superiore alle sue forze: privarsi nientemeno di certi pasticcini coi tartufi, che le piacevano tanto, e di simili altre golerìe, e anche, anzi soprattutto, del vino. Non che ne bevesse molto: sfido! nasceva bene: ma non avrebbe dovuto berne neppure un dito, ecco.