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ti confesso che questo pensiero m’affliggeva moltissimo, perchè volevo vendicarmi, e vorrei ancora, non credere, togliendoti adesso Romilda, adesso che vedo che le vuoi bene e che lei... sì, mi pare un sogno, mi pare quella di tant’anni fa... ricordi, eh, Romilda?... Non piangere! ti rimetti a piangere? Ah, bei tempi... sì, non tornano più!... Via, via: voi ora avete una figliuola, e dunque non se ne parli più! Vi lascio in pace, che diamine!
— Ma il matrimonio s’annulla? — gridò Pomino.
— E tu lascialo annullare! — gli dissi. — Si annullerà pro forma, se mai: non farò valere i miei diritti e non mi farò neppure riconoscer vivo ufficialmente, se proprio non mi costringono. Mi basta che tutti mi rivedano e mi risappiano vivo di fatto, per uscir da questa morte, che è morte vera, credetelo! Già lo vedi: Romilda, qua, ha potuto divenir tua moglie... il resto non m’importa! Tu hai contratto pubblicamente il matrimonio; è noto a tutti che lei è, da un anno, tua moglie, e tale rimarrà. Chi vuoi che si curi più del valor legale del suo primo matrimonio? Acqua passata... Romilda fu mia moglie: ora, da un anno, è tua, madre d’una tua bambina. Dopo un mese non se ne parlerà più. Dico bene, doppia suocera?
La Pescatore, cupa, aggrondata, approvò col capo. Ma Pomino, nel crescente orgasmo, domandò:
— E tu rimarrai qua, a Miragno?
— Sì, e verrò qualche sera a prendermi in casa tua una tazza di caffè o a bere un bicchier di vino alla vostra salute.