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§ 18. — Il fu Mattia Pascal.


Tra l’ansia e la rabbia (non sapevo che mi agitasse di più, ma eran forse una cosa sola: ansiosa rabbia, rabbiosa ansia) non mi curai più se altri mi riconoscesse prima di scendere o appena sceso a Miragno.

M’ero cacciato in un vagone di prima classe, per unica precauzione. Era sera; e del resto, l’esperimento fatto su Berto mi rassicurava: radicata com’era in tutti la certezza della mia trista morte, ormai di due anni lontana, nessuno avrebbe più potuto pensare ch’io fossi Mattia Pascal.

Mi provai a sporgere il capo dal finestrino, sperando che la vista dei noti luoghi mi destasse qualche altra emozione meno violenta; ma non valse che a farmi crescer l’ansia e la rabbia. Sotto la luna, intravidi da lontano il clivo della Stia.

— Assassine! — fischiai tra i denti. — Là... Ma ora...

Quante cose, sbalordito dall’inattesa notizia, m’ero dimenticato di domandare a Roberto! Il podere, il molino erano stati davvero venduti? o eran tuttora, per comune accordo dei credi-