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— Com’è? — riprese a domandar Berto che piangeva anche lui. — Com’è? com’è?

— Eccomi qua... Vedi? Son tornato... non dall’altro mondo, no... sono stato sempre in questo mondaccio... Su... Ora ti dirò...

Tenendomi forte per le braccia, col volto pieno di lagrime, Roberto mi guardava ancora trasecolato:

— Ma come... se là...?

— Non ero io... Ti dirò. M’hanno scambiato... Io ero lontano da Miragno e ho saputo, come l’hai saputo forse tu, da un giornale, il mio suicidio alla Stia.

— Non eri dunque tu? — esclamò Berto. — E che hai fatto?

— Il morto. Sta’ zitto. Ti racconterò tutto. Per ora non posso. Ti dico questo soltanto, che sono andato di qua e di là, credendomi felice, dapprima, sai?: poi, per... per tante vicissitudini, mi sono accorto che avevo sbagliato, che fare il morto non è una bella professione: ed eccomi qua: mi rifaccio vivo.

Mattia, l’ho sempre detto io, Mattia, matto... Matto! matto! matto! — esclamò Berto. — Ah che gioja m’hai dato! Chi poteva aspettarsela? Mattia vivo... qua! Ma sai che non ci so credere ancora? Làsciati guardare... Mi sembri un altro!

— Vedi che mi sono aggiustato anche l’occhio?

— Ah già, sì... per questo mi pareva... non so... ti guardavo, ti guardavo... Benone! Su, andiamo di là, da mia moglie... Oh! Ma aspetta... tu...

Si fermò improvvisamente e mi guardò, sconvolto: