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pittore il di dietro, bello scoperto, come un o, scotendo quasi a dileggio la coda ritta. Già parecchie volte la signora Candida la aveva rimessa a posto. Aspettando, il Bernaldez sbuffava, coglieva a volo qualche mia parola rivolta a Pepita e la commentava borbottando sotto sotto fra sè. Più d’una volta, essendomene accorto, fui sul punto d’intimargli: — Parli forte! — Ma egli alla fine non ne potè più, e gridò a Pepita:

— Prego: faccia almeno star ferma la bestia!

— Vestia, vestia, vestia... — scattò Pepita, agitando le mani per aria, eccitatissima. — Sarà vestia, ma non glie se dice!

— Chi sa che capisce, poverina... — mi venne da osservare a mo’ di scusa, rivolto al Bernaldez.

La frase poteva veramente prestarsi a una doppia interpretazione; me ne accorsi dopo averla proferita. Io volevo dire: — Chi sa che cosa immagina che le si faccia ». — Ma il Bernaldez prese in altro senso le mie parole, e con estrema violenza, figgendomi gli occhi negli occhi, rimbeccò:

— Ciò che dimostra di non capir lei!

Sotto lo sguardo fermo e provocante di lui, nell’eccitazione in cui mi trovavo anch’io, non potei fare a meno di rispondergli:

— Ma io capisco, signor mio, che lei sarà magari un gran pittore...

— Che cos’è? — domandò il marchese, notando il nostro fare aggressivo.

Il Bernaldez, perdendo ogni dominio su sè stesso s’alzò e venne a piantarmisi di faccia:

— Un gran pittore... Finisca!

— Un gran pittore, ecco... ma di poco gar-