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— Ma egli negherà! — incalzai io. — E allora, lei, tutti di casa innanzi al giudice... Non capisce?

— Sì, benissimo! — rispose Adriana con fuoco, tutta vibrante di sdegno. — Neghi, neghi pure! Ma noi, per conto nostro, abbiamo altro, creda, da dire, contro di lui. Lei lo denunzii, non abbia riguardo, non tema per noi... Ci farà un bene, creda, un gran bene! Vendicherà la povera sorella mia... Dovrebbe intenderlo, signor Meis, che mi offenderebbe, se non lo facesse. Io voglio, voglio che lei lo denunzii. Se non lo fa lei, lo farò io! Come vuole che io rimanga con mio padre sotto quest’onta! No! no! no! E poi...

Me la strinsi fra le braccia: non pensai più al denaro rubato, vedendola soffrire così, smaniare, disperata: e le promisi che avrei fatto com’ella voleva, purchè si calmasse. No, che onta? non c’era alcuna onta per lei, nè per il suo babbo; io sapevo su chi ricadeva la colpa di quel furto; Papiano aveva stimato che il mio amore per lei valesse bene dodicimila lire, e io dovevo dimostrargli di no? Denunziarlo? Ebbene, sì, l’avrei fatto, non per me, ma per liberar la casa di lei da quel miserabile: sì, ma a un patto: che ella prima di tutto si calmasse, non piangesse più così, via! via! e poi, che mi giurasse su quel che aveva di più caro al mondo, che non avrebbe parlato a nessuno, a nessuno, di quel furto, se prima io non consultavo un avvocato per tutte le conseguenze che, in tanta sovreccitazione, nè io nè lei potevamo prevedere.

— Me lo giura? Su ciò che ha di più caro?

Me lo giurò, e con uno sguardo, tra le la-