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Se non avessi fatto a tempo a sorreggerla, la povera Adriana sarebbe caduta per terra, come sotto una mazzata. Tuttavia, con uno sforzo supremo, ella potè riaversi ancora una volta, e singhiozzando, convulsa, cercò di sciogliersi da me che volevo adagiarla su la poltrona e fece per spingersi verso l’uscio:
— Chiamo il babbo! chiamo il babbo!
— No! — le gridai, trattenendola e costringendola a sedere. — Non si agiti così, per carità! Lei mi fa più male... Io non voglio, non voglio! Che c’entra lei? Per carità, si calmi. Mi lasci prima accertare, perchè... sì, lo stipetto era aperto, ma io non posso, non voglio credere ancora a un furto così ingente... Stia buona, via!
E daccapo, per un ultimo scrupolo, tornai a contare i biglietti; pur sapendo di certo che tutto il mio denaro stava lì, in quello stipetto, mi diedi a rovistare da per tutto, anche dove non era in alcun modo possibile ch’io avessi lasciato una tal somma, tranne che non fossi stato colto da un momento di pazzia. E per indurmi a quella ricerca che m’appariva a mano a mano sempre più sciocca e vana, mi sforzavo di credere inverosimile l’audacia del ladro. Ma Adriana, quasi farneticando, con le mani sul volto, con la voce rotta dai singhiozzi:
— È inutile! è inutile! — gemeva. — Ladro... ladro... anche ladro!... Tutto congegnato avanti... Ho sentito, nel bujo... m’è nato il sospetto... ma non volli credere ch’egli potesse arrivare fino a tanto...
Papiano, sì: il ladro non poteva esser altri che lui; lui, per mezzo del fratello, durante quelle sedute spiritiche...