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bai. Papiano non poteva col piede arrivare fin là; e, quand’anche, la traversa fra le gambe anteriori gliel’avrebbe impedito. Che si fosse alzato dal tavolino e fosse venuto dietro alla mia seggiola? Ma, in questo caso, la signora Candida, se non era proprio scema, avrebbe dovuto avvertirlo. Prima di comunicare a gli altri il fenomeno, avrei voluto in qualche modo spiegarmelo; ma poi pensai che, avendo ottenuto ciò che mi premeva, ora, quasi per obbligo, mi conveniva secondar la frode, senz’altro indugio, per non irritare maggiormente Papiano. E arrivai a dire quel che sentivo.

— Davvero? — esclamò Papiano, dal suo posto, con una meraviglia che mi parve sincera.

Nè minor meraviglia dimostrò la signorina Caporale.

Sentii rizzarmi i capelli su la fronte. Dunque, quel fenomeno era vero?

— Strofinìo? — domandò ansiosamente il signor Anselmo. — Come sarebbe? come sarebbe?

— Ma sì! — confermai, quasi stizzito. — E sèguita! Come se ci fosse qua dietro un cagnolino... ecco!

Un alto scoppio di risa accolse questa mia spiegazione.

— Ma è Minerva! è Minerva! — gridò Pepita Pantogada.

— Chi è Minerva? — domandai, mortificato.

— Ma la mia cagneta! — riprese quella, ridendo ancora. — La viechia mia, segnore, che se grata así soto tute le sedie. Con permisso! con permisso!

Il Bernaldez accese un altro fiammifero, e Pepita s’alzò per prendere quella cagnetta, che si chiamava Minerva, e accucciarsela in grembo.