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mente alla mano di zia Scolastica, che non aveva voluto saperne, come non aveva voluto sapere, del resto, di alcun altro; e non già perchè non si fosse sentita disposta ad amare, ma perchè il più lontano sospetto che l’uomo da lei amato avesse potuto anche col solo pensiero tradirla, le avrebbe fatto commettere — diceva — un delitto. Tutti finti, per lei, gli uomini, birbanti e traditori. Anche Pomino? No, ecco: Pomino, no. Ma se n’era accorta troppo tardi. Di tutti gli uomini che avevano chiesto la sua mano, e che poi si erano ammogliati, ella era riuscita a scoprire qualche tradimento, e ne aveva ferocemente goduto. Solo di Pomino, niente; anzi il pover’uomo era stato un martire della moglie.

E perchè dunque, ora, non lo sposava lei? Oh bella, perchè era vedovo! era appartenuto a un’altra donna, alla quale forse, qualche volta, avrebbe potuto pensare. E poi perchè... via! si vedeva da cento miglia lontano, non ostante la timidezza: era innamorato, era innamorato... s’intende di chi, quel povero signor Pomino!

Figurarsi se mia madre avrebbe mai acconsentito. Le sarebbe parso un vero e proprio sacrilegio. Ma non credeva forse neppure, poverina, che zia Scolastica dicesse sul serio; e rideva in quel suo modo particolare alle sfuriate della cognata, alle esclamazioni del povero signor Pomino, che si trovava lì presente a quelle discussioni, e al quale la zitellona scaraventava le lodi più sperticate.

M’immagino quante volte egli avrà esclamato, dimenandosi su la seggiola, come su un arnese di tortura:

— Oh santo nome di Dio benedetto!