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affatto alla signorina Caporale. A un tratto, questa si mise a parlare, come in un leggero dormiveglia.

— La catena, — disse, — la catena va mutata...

— Abbiamo già Max? — domandò premurosamente quel buon uomo del signor Anselmo.

La risposta della Caporale si fece attendere un bel po’.

— Sì, — poi disse penosamente, quasi con affanno. — Ma siamo in troppi, questa sera...

— È vero sì! — scattò Papiano. — Mi sembra però, che così stiamo benone.

— Zitto! — ammonì il Paleari. — Sentiamo che dice Max.

— La catena, — riprese la Caporale, — non gli par bene equilibrata. Qua, da questo lato (e sollevò la mia mano), ci sono due donne accanto. Il signor Anselmo farebbe bene a prendere il posto della signorina Pantogada, e viceversa.

— Subito! — sclamò il signor Anselmo, alzandosi. — Ecco, signorina, segga qua!

E Pepita, questa volta, non si ribellò. Era accanto al pittore.

— Poi, — soggiunse la Caporale, — la signora Candida...

Papiano la interruppe:

— Al posto d’Adriana, è vero? Ci avevo pensato. Va benone!

Io strinsi forte, forte, forte, la mano di Adriana fino a farle male, appena ella venne a prender posto accanto a me. Contemporaneamente la signorina Caporale mi stringeva l’altra mano, come per domandarmi: « È contento così? » — « Ma sì, contentone! » — le risposi io