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manifestazioni grossolane di anime di trapassati inferiori, del Piano Astrale, cioè del più prossimo al nostro: ecco.

E chi poteva dirgli di no?1


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Io sapevo che Adriana s’era sempre ricusata d’assistere a questi esperimenti. Dacchè me ne stavo tappato in camera, al bujo, ella non era entrata se non raramente, e non mai sola, a domandarmi come stèssi. Ogni volta quella domanda pareva ed era infatti rivolta per pura convenienza. Lo sapeva, lo sapeva bene come stavo! Mi pareva finanche di sentire un certo sapor d’ironia birichina nella voce di lei, perchè già ella ignorava per qual ragione mi fossi così d’un tratto risoluto ad assoggettarmi all’operazione, e doveva perciò ritenere ch’io soffrissi per vanità, per farmi cioè più bello o men brutto, con l’occhio accomodato secondo il consiglio della Caporale.

— Sto benone, signorina! — le rispondevo. — Non vedo niente...

— Eh, ma vedrà, vedrà meglio poi, — diceva allora Papiano.

Approfittandomi del bujo, alzavo un pugno, come per scaraventarglielo in faccia. Me lo faceva apposta certamente, perch’io perdessi quel po’ di pazienza che mi restava ancora.

  1. “Fede, — scriveva Maestro Alberto, Fiorentino, — è sustanzia di cose da sperare, e argomento e pruova di non appariscenti.„

    (Nota di don Eligio Pellegrinotto.)