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dalla Caporale compresi che parlavano di me. M’accostai di più alla persiana e tesi maggiormente l’orecchio. Quell’uomo si mostrava irritato delle notizie che certo la maestra di pianoforte gli aveva dato di me; ed ecco, ora essa cercava d’attenuar l’impressione che quelle notizie avevan prodotto nell’animo di colui.
— Ricco? — domandò egli, a un certo punto.
E la Caporale:
— Non so.... Pare! Certo campa sul suo, senza far nulla....
— Sempre per casa?
— Ma no! E poi domani lo vedrai...
Disse proprio così: vedrai. Dunque gli dava del tu; dunque il Papiano (non c’era più dubbio) era l’amante della signorina Caporale.... E come mai, allora, in tutti quei giorni, s’era ella dimostrata così condiscendente con me?
La mia curiosità diventò più che mai viva; ma, quasi a farmelo apposta, quei due si misero a parlare pianissimo. Non potendo più con gli orecchi, cercai d’ajutarmi con gli occhi. Ed ecco, vidi che la Caporale posava una mano su la spalla di Papiano. Questi, poco dopo, la respinse sgarbatamente.
— Ma come potevo io impedirlo? — disse quella, alzando un po’ la voce con intensa esasperazione. — Chi sono io? che rappresento io in questa casa?
— Chiamami Adriana! — le ordinò quegli allora, imperioso.
Sentendo proferire il nome di Adriana con quel tono, strinsi le pugna e sentii frizzarmi il sangue per le vene.
— Dorme, — disse la Caporale.
E colui, fosco, minaccioso: