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donne, poichè Adriana dichiarò di non essersene mai accorta.
— Non ci avrai fatto attenzione! — esclamò la Caporale.
Dovetti riconoscere che, per quanto neanche io vi avessi fatto mai attenzione, poteva darsi che avessi quel vezzo.
— Ho tenuto difatti, — mi vidi costretto ad aggiungere, — per molto tempo, qui, un anellino, che poi ho dovuto far tagliare da un orefice, perchè mi stringeva troppo il dito e mi faceva male.
— Povero anellino! — gemette allora, storcignandosi, la quarantenne, in vena quella sera di lezii infantili. — Tanto stretto le stava? Non voleva uscirle più dal dito? Sarà stato forse il ricordo d’un...
— Silvia! — la interruppe la piccola Adriana, in tono di rimprovero.
— Che male c’è? — riprese quella. — Volevo dire d’un primo amore... Su, ci dica qualche cosa, signor Meis. Possibile, che lei non debba parlar mai?
— Ecco, — dissi io, — pensavo alla conseguenza che lei ha tratto dal mio vezzo di stropicciarmi il dito. Conseguenza arbitraria, cara signorina. Perchè i vedovi, ch’io mi sappia, non sogliono levarsi l’anellino di fede. Pesa, se mai, la moglie, non l’anellino, quando la moglie non c’è più. Anzi, come ai veterani piace fregiarsi delle loro medaglie, così al vedovo, credo, portar l’anellino.
— Eh sì! — esclamò la Caporale. — Lei storna abilmente il discorso.
— Come! Se voglio anzi approfondirlo!
— Che approfondire! Non approfondisco mai