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rampa del ponte lì vicino, per bagnarmi la fronte. Ma, mentr’ero lì, ecco due guardie affannate, che vollero sapere che cosa fosse accaduto. Subito, la donna, ch’era di Napoli, prese a narrare il « guajo che aveva passato » con me, profondendo le frasi più affettuose e ammirative del suo repertorio dialettale al mio indirizzo. Ci volle del bello e del buono, per liberarmi di quei due zelanti questurini, che volevano assolutamente condurmi con loro, perchè denunziassi il fatto. Bravo! Non ci sarebbe mancato altro! Aver da fare con la questura, adesso! comparire il giorno dopo nella cronaca dei giornali come un quasi eroe, io che me ne dovevo star zitto, in ombra, ignorato da tutti...
Eroe, ecco, eroe non potevo più essere davvero. Se non a patto di morirci... Ma se ero già morto!
*
— È vedovo lei, scusi, signor Meis?
Questa domanda mi fu rivolta a bruciapelo, una sera, dalla signorina Caporale nel terrazzino, dov’ella si trovava con Adriana e dove mi avevano invitato a passare un po’ di tempo in loro compagnia.
Restai male, lì per lì; risposi:
— Io no; perchè?
— Perchè lei col pollice si stropiccia sempre l’anulare, come chi voglia far girare un anello attorno al dito. Così... È vero, Adriana?
Ma guarda un po’ fin dove vanno a cacciarsi gli occhi delle donne, o meglio, di certe