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fro appunto per questa tirannia mascherata da libertà... Torniamo a casa!
Ma quella era la notte degl’incontri.
Passando, poco dopo, per Tordinona quasi al bujo, intesi un forte grido, tra altri soffocati, in uno dei vicoli che sbucano in questa via. Improvvisamente mi vidi precipitare innanzi un groviglio di rissanti. Eran quattro miserabili, armati di nodosi bastoni, addosso a una donna da trivio.
Accenno a quest’avventura, non per farmi bello d’un atto di coraggio, ma per dire anzi della paura che provai per le conseguenze di esso. Erano quattro quei mascalzoni, ma avevo anch’io un buon bastone ferrato. È vero che due di essi mi s’avventarono contro anche coi coltelli. Mi difesi alla meglio, facendo il mulinello e saltando a tempo in qua e in là per non farmi prendere in mezzo; riuscii alla fine ad appoggiar sul capo al più accanito un colpo bene assestato, col pomo di ferro: lo vidi vacillare, poi prender la corsa; gli altri tre allora, forse temendo che qualcuno stesse ormai per accorrere agli strilli della donna, lo seguirono. Non so come, mi trovai ferito alla fronte. Gridai alla donna, che non smetteva ancora di chiamare ajuto, che si stesse zitta; ma ella, vedendomi con la faccia rigata di sangue, non seppe frenarsi e, piangendo, tutta scarmigliata, voleva soccorrermi, fasciarmi col fazzoletto di seta che portava sul seno, stracciato nella rissa.
— No, no, grazie, — le dissi, schermendomi con ribrezzo. — Basta... Non è nulla! Va’, va’ via subito... Non ti far vedere.
E mi recai alla fontanella, che è sotto la