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§ 10. — Acquasantiera e portacenere.


Pochi giorni dopo ero a Roma, per prendervi dimora.

Perchè a Roma e non altrove? La ragione vera la vedo adesso, dopo tutto quello che m’è occorso, ma non la dirò per non guastare il mio racconto con riflessioni che, a questo punto, sarebbero inopportune. Scelsi allora Roma, prima di tutto perchè mi piacque sopra ogni altra città, e poi perchè mi parve più adatta a ospitar con indifferenza, tra tanti forestieri, un forestiere come me.

La scelta della casa, cioè d’una cameretta decente, in qualche via tranquilla, presso una famiglia discreta, mi costò molta fatica. Finalmente la trovai in via Ripetta, alla vista del fiume. A dir vero, la prima impressione che ricevetti della famiglia che doveva ospitarmi fu poco favorevole; tanto che, tornato all’albergo, rimasi a lungo perplesso se non mi convenisse di cercare ancora.

Su la porta, al quarto piano, c’erano due targhette: Paleari di qua, Papiano di là; sotto a questa, un biglietto da visita, fissato con due bollette di rame, nel quale si leggeva: Silvia Caporale.