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sosteneva invece che non c’era da fidarsi delle più antiche testimonianze.

— Perchè la Chiesa, nei primi secoli, tutta volta a consustanziarsi la dottrina e lo spirito del suo ispiratore, si dava poco pensiero, ecco, poco pensiero delle sembianze corporee di lui.

A un certo punto vennero a parlare della Veronica e di due statue della città di Paneade, credute immagini di Cristo e della emorroissa.

— Ma sì! — scattò il giovane barbuto. — Ma se non c’è più dubbio ormai! Quelle due statue rappresentano l’imperatore Adriano con la città inginocchiata ai piedi.

Il vecchietto seguitava a sostener pacificamente la sua opinione, che doveva esser contraria, perchè quell’altro, incrollabile, guardando me, s’ostinava a ripetere:

— Adriano!

...Beroníke, in greco. Da Beroníke poi: Veronica...

— Adriano! (a me).

— Oppure, Veronica, vera icon: storpiatura probabilissima...

— Adriano! (a me).

— Perchè la Beroníke degli Atti di Pilato...

— Adriano!

Ripetè così Adriano! non so più quante volte, sempre con gli occhi rivolti a me.

Quando scesero entrambi a una stazione e mi lasciarono solo nello scompartimento, m’affacciai al finestrino, per seguirli con gli occhi: discutevano ancora, allontanandosi.

A un certo punto però il vecchietto perdette la pazienza e prese la corsa.

— Chi lo dice? — gli domandò forte il giovane, fermo, con aria di sfida.