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134 | Luigi Pirandello |
volontaria, di quell’altra mascherata, continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii (indica Belcredi) quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d’essere — l’abito, il loro abito, perdonateli, ancora non lo vedono come la loro stessa persona. (Voltandosi di nuovo a Belcredi) Sai? Ci si assuefà facilmente. E si passeggia come niente, così, da tragico personaggio — (eseguisce) — in una sala come questa! — Guardate, dottore! — Ricordo un prete — certamente irlandese — bello — che dormiva al sole, un giorno di novembre, appoggiato col braccio alla spalliera del sedile, in un pubblico giardino: annegato nella dorata delizia di quel tepore, che per lui doveva essere quasi estivo. Si può star sicuri che in quel momento non sapeva più d’esser prete, nè dove fosse. Sognava! E chi sa che sognava! — Passò un monello, che aveva strappato con tutto il gambo un fiore. Passando, lo vellicò, qua al collo. — Gli vidi aprir gli occhi ridenti; e tutta la bocca ridergli del riso beato del suo sogno; immemore: ma subito vi so dire che si ricompose rigido nel suo abito di prete e che gli ritornò negli occhi la stessa serietà che voi avete già veduta nei miei; perchè i preti irlandesi difendono la serietà della loro fede cattolica con lo stesso zelo con cui io i diritti sacrosanti della monarchia ereditaria. — Sono guarito, signori: perchè so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! — Il guajo è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla, la vostra pazzia.