Pagina:Pirandello - Enrico 4., 1922.djvu/123


Enrico IV 115

Enrico IV.

Dico che siete sciocchi! Dovevate sapervelo fare per voi stessi, l’inganno; non per rappresentarlo davanti a me, davanti a chi viene qua in visita di tanto in tanto; ma così, per come siete naturalmente, tutti i giorni, davanti a nessuno (a Bertoldo, prendendolo per le braccia) per te, capisci, che in questa tua finzione ci potevi mangiare, dormire, e grattarti anche una spalla, se ti ci sentivi un prurito; (rivolgendosi anche agli altri) sentendovi vivi, vivi veramente nella storia del mille e cento, qua alla Corte del vostro Imperatore Enrico IV! (Prende per un braccio Ordulfo) Tu, ecco. Ordulfo vivo nel castello di Goslar! che la mattina ti svegliavi, ti alzavi dal letto, e invece di uscirne tu entravi nel sogno, vestendoti — nel sogno che non sarebbe stato più sogno, perchè tu ci avresti vissuto, lo avresti toccato in tutto, vivo; te lo saresti bevuto nell’aria che respiravi; ma pur sapendolo, che era un sogno, per meglio assaporare il privilegio che vi era dato di non dover far altro qua, che la professione di vivervelo, questo sogno — lontanissimo e presente! E pensare, da qui, da questo nostro tempo remoto, così colorito e sepolcrale, pensare che a una distanza di otto secoli in giù, in giù, gli uomini del mille e novecento si abbaruffano intanto, s’arrabattano in un’ansia senza requie di sapere come si determineranno i loro casi, di vedere come si stabiliranno i fatti che li tengono in tanta