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Via, via, via. — Non voglio più pensarci. — Si stia con la sua morta. E mi lasci qua — viva e in pace — per chi verrà.

SILVIO

Non dirlo! Sei stata qua con lei — son quattro mesi ormai...

FULVIA

A sorriderle, su questa graticola a fuoco lento... — Dio mio, basta ti dico. I^on ne parliamo più. (Va a distendersi su una sediaa sdràjo) — Discorsi che si fanno... Poi non ci si pensa più. (Pausa te- nuta) — Questa notte mi sono svegliata. Mi son messa a pensare, calmissima. Sì, questo dolore e’ è, questa cosa orribile nella mia vita. Ma pure... — eh, si dorme! E se mi sveglio, posso mettermi a guardarmi le mani al lume del lampadino rosa... (Silvio, tentato, a questo punto le si fa presso, e la contempla lì distesa) — Che?... — Niente... così... le mani... il letto... i mobili nuovi della camera... — La vita è uguale; e ha tante cose a cui posso pensare, oltre questo mio dolore...(Scotendosi un po’) — Bisogna dire che non è vero che quando uno ha un dolore, non pensa più ad altro. Pensa a tante altre cose. Io pensavo questa notte... — indovina? Ah come vorrei essere, come vorrei essere allegra! E questo è se- gno, sai? che non sono una canaglia.

SILVIO

(che le si è fatto sempre più accosto e ha se- guitato a contemplarla) Per carità, che dici!(E fa per prenderle una mano).