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teremmo insieme : lui sonerebbe e io canterei! (scoppia a ridere stridulamente).

MAURI

(ferito) Tu dunque ridi di me?

FULVIA

(subito) No, no: credo, credo nella vostra bravura di pianista.

SILVIO

(sdegnato) Tutto questo, via, non è serio!

FULVIA

E ti fa molta impressione? — A me, nessuna. — Vi prego, insomma, di non darvi pensiero di me, nessuno dei due. Quante volte devo dirlo? — Stabiliamo così alla buona. — Ho vissuto per anni, caro mio, giorno per giorno. Mi sono mancate le cose più necessarie; e il domani senza certezza non mi spaventa piìi. Può passarsi, il destino, tutti i suoi capricci, con me. — Son cosa sua(S’accosta al marito e lo guarda con mio strano, orribile ammiccamento di donna perduta). — Anche quei tuoi, sai?

SILVIO

(smorcndo) Che, miei?

FULVIA

(ridendo, ma con un misto di’ pianto, in una convulsione che diverrà man mano più forte, quanto più, per vincerla, ella si strazierà, dicendo di se le cose più crude) Mah! quelli che ti pas- sasti, quand’ ero come una bambina, e m’ inse- gnavi cose che mi parevano orribili!