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FULVIA
Oh! d’un gran professore come sei ora, non s’ immagina certo! Quasi ho soggezione io stessa, a dirlo. Ma se sono qua — e così — con questo accanto, o con un altro — via, tu sai bene che è per te — per te, com’ eri prima! — Che vuoi? posso ricordarmi soltanto d’allora, io! Di quando giocavi con me, che avevo appena diciott’ anni, come un gatto col topolino — per il gusto di ve- dere dove sarei arrivata. — Ecco qua, dove sono arrivata. — E tu hai molto sofferto! — Sarei cu- riosa di saper come.
SILVIO
Te r ho detto, come.
FULVIA
No: scusa: m’ hai detto anzi, che non ti riesce di soffrire.
SILVIO
Che non sento — t’ ho detto, — di toccare la mia sofferenza: in me, in te... Questo t’ho detto!
FULVIA
Ah già! Il vuoto, sì.
SILVIO
Tu non puoi comprendere. E certe cose non si spiegano.
FULVIA
Non avevi nessuno con te?(allude, con que- sto, alla figlia, e s’ infosca più che mai).